
13 Giugnoo 2016
Giancarlo Fazzi, Senior Travelers, Italy

LUXOR: dietro le quinte dei templi
Egitto, novembre 1999, porto di Luxor.
Una guida fa le ultime raccomandazioni ad un gruppo di coppie italiane. In mezzo anche mia moglie ed io. Usando una scivolosa pronuncia italiana dice loro che avranno due ore di tempo libero, di stare in zona e di evitare assolutamente di andare in città, dove ,per altro, erano già stati ufficialmente condotti durante il mattino.
L’equazione raccomandazioni-italiani-estero può produrre un solo risultato: il caos. Qualche minuto dopo eravamo già in quattro coppie alla ricerca di un mezzo di trasporto. Ci affacciammo alla vicina strada. Nessuna fermata del bus. In compenso poco dopo arrivó un calessino trainato da uno stanco cavallo e condotto da un baffuto e bizzarro egiziano.
Ci ritrovammo nella classica, inutile, confusa e rissosa contrattazione araba e comunque tutti non potevamo starci sulla carrozza. Così, come un lampo, il baffo lascio le redini in mano a uno di noi e, senza dire niente, si buttò in mezzo alla strada fermando un piccolo van. Montó su e sparì lasciando tutti noi a bocca aperta e confusi.
Passò quasi mezz’ora e fra noi l’elemento meno preoccupato era sicuramente il cavallo.
Poi, d’un tratto, notammo in lontananza avvicinarsi un calesse in tutta corsa. Ancora un po’ vicino e iniziammo a sentire urla e a vedere il nostro cocchiere in piedi mentre si sbracciava. Sembrava dire “Avete visto stronzetti italiani? Ho risolto andando a prendere un collega!”
luxor
Così, con due carrozze, comunque appiccicati come le cozze, partimmo per quello che sarebbe stato il B-side tour di Luxor, per la serie “Tutto quello che stamattina hanno ben evitato di farvi vedere”
Lentamente entrammo nel primo vicolo. Capimmo subito che ciò che si trovava sotto i nostri occhi non c’entrava nulla con quanto visto al mattino. Niente negozi, nessun richiamo al turista, alla modernità, al superfluo. I vicoli si facevano sempre più stretti e con rifiuto ovunque, montagne di rifiuti stratificati. Molta gente in strada. Molti occhi rivolti a noi. Uno di questi vicoli era pieno di mercanzia, prevalentemente frutta e verdura e poche altre cose, tutto riversato per terra. Le ruote delle carrozze spesso calpestarono anche la merce ma sembrava non importare niente a nessuno. I venditori improvvisati seduti per terra ci guardavano con occhi vuoti.
Ricordo molto bene il rollare delle ruote sulla terra e poi su quei quattro miseri stracci luridi. A tratti, nonostante la gente, un silenzio irreale.
Ricordo di essermi sentito molto in colpa per quel passaggio, quell’invasione inopportuna e piena di giudizio da parte nostra. Mi sono davvero sentito l’uomo bianco ma senza orgoglio di esserlo.
Diversamente dalle aree turistiche, nessuno ci inseguiva per venderci qualcosa, eravamo semplicemente un mondo in osservazione dell’altro. Ognuno dei due pieno di dubbi e certezze allo stesso modo.
I due cocchieri ci portarono infine in una galleria piena di negozi. Ci guardammo attorno senza entusiasmo, ancora intontiti dal mondo precedente.
Sulla strada di ritorno al porto, fummo presi d’assalto da un gruppo di bambini che correvano all’impazzata rischiando di farsi male. Volevano soldi e caramelle. Il baffo prese uno dei nostri pacchetti di caramelle e le fece volare per terra. La corsa dei bambini si fermò la dov’erano atterrate le caramelle sull’asfalto. Si azzuffarono per il premio.
Nonostante il mio amore per la storia dell’antico Egitto, per me i ricordi di Luxor sono sopratutto questi. Molto più vividi rispetto ai templi faraonici.

“Oltre al Blues ho un sacco di altre passioni ma nessuna di queste supera la quasi perversa attrazione che nutro per l’Andalusia, per il Flamenco e per le zingare dagli occhi neri”